mercoledì 17 aprile 2013

Matteo Pasquinelli: Google’s PageRank Algorithm: A Diagram of the Cognitive Capitalism and the Rentier of the Common Intellect @ matteopasquinelli.com




Al cuore di [Google] si trova l’algoritmo PageRank che Brin e Page scrissero mentre erano studenti a Stanford negli anni 90. Notarono che ogni volta qualcuno con un sito Web pone un link ad un altro sito, costui esprime un giudizio, dichiara che considera quel sito importante. In seguito realizzarono che mentre ogni link contiene un po’ di intelligenza umana, tutti i link insieme contengono una grande quantità di intelligenza – molto di più, in effetti, di quanto qualsiasi singola mente possa possedere. Il motore di ricerca di Google scava in questa intelligenza, link dopo link, e la usa per determinare l’importanza di tutte la pagine del Web. Più grande è il numero di link che porta ad una pagina, più grande è il suo valore. Come dice John Markoff, il software di Google “sfrutta sistematicamente la conoscenza e le scelte umane su ciò che è significante”. Ogni volta che scriviamo un link, o anche solo lo clicchiamo, alimentiamo il sistema di Google con la nostra intelligenza. Rendiamo la macchina un po’ più intelligente – e Brin, Page e tutti gli azionisti di Google un po’ più ricchi.
Nicholas Carr, Il lato oscuro della rete


Abstract
L’origine del potere e del monopolio di Google si trova nell’invisibile ai più
algoritmo PageRank. Il diagramma di questa tecnologia è qui proposto come esempio
più calzante di quella macchina del valore al centro di ciò che è diversamente descritto come economia della conoscenza, economia dell’attenzione o capitalismo cognitivo. Questo saggio sottolinea l’urgenza e la necessità di una economia politica di tale diagramma piuttosto che alimentare la critica dominante del monopolio Google fondata quasi esclusivamente sulla figura del Panopticon e simili questioni à la Grande Fratello’ (privacy, censura, sorveglianza-dati). Il potere di Google si comprende prima di tutto dalla prospettiva della produzione di valore (nelle sue diverse forme: valore di attenzione, valore cognitivo, valore di rete, ecc.) — le conseguenze biopolitiche di tale monopolio di dati vengono logicalmente dopo.
Il saggio avanza tre argomenti, focalizzando rispettivamente nel caso di Google: la produzione di valore, l’accumulazione di valore e la ri-appropriazione dello stesso. Primo, l’algoritmo PageRank è introdotto come migliore implementazione del diagramma del capitalismo cognitivo. Questo diagramma cognitivo ed economico è precisamente il rovesciamento del diagramma del Panopticon di lignaggio foucaultiano: non semplicamente apparato di sorveglianza e controllo, ma macchina per la cattura del lavoro vivo e per la trasformazione dell’intelletto comune in valore di rete (il general intellect che diventa network value). La sorveglianza-dati (l’inglese dataveillance) si rende quindi possibile solo grazie ad un monopolio di informazioni accumulate attraverso l’algoritmo PageRank. Secondo, questo modello di egemonia cognitiva necessita di una nuova teoria della rendita cognitiva per essere compreso, poichè si basa sulla costruzione e sfruttamento di nuovi spazi per l’intelligenza collettiva apparentemente liberi. Google può essere definito come un ‘parassita’ del datascape digitale poichè, da una parte, fornisce benevoli servizi gratuiti ma, dall’altra, accumula valore attraverso una piattaforma pervasiva e molecolare di pubblicità (i servizi Adsense e Adwords) e stabilisce la sua propria gerarchia di valore per ogni nodo della rete. Google viene descritto quindi come il primo sistematico rentier globale dell’intelletto comune. Terzo ed infine, una risposta politica può essere concettualizzata e organizzata solo rovesciando la catena della produzione di valore (per dirla all’inglese: ‘Reclaim your page rank’), invece di indulgere in una resistenza nominale contro il Panopticon digitale. 


1. Il Panopticon rovesciato: Google come parassita macchinico dell’intelletto comune (o, la produzione del valore di rete).
Larga parte dei recenti ‘critical studies’ intorno a Google tendono a focalizzare solo la natura imperiale del suo monopolio, ovvero: posizione dominante, violazioni della privacy, censura politica (vedi Cina) e sorveglianza-dati globale.2 Pochi sono gli studi, al contrario, che mettono in luce il motore economico molecolare al cuore di questo dominio. Laddove molti testi critici abusano di un gergo foucaultiano e indulgono nella visualizzazione del Panopticon digitale per illustrare Google, il suo potere va ricondotto più precisamente alla matrice economica disegnata dalla formula cabalistica dell’algoritmo PageRank3 — il sofisticato algoritmo che determina l’importanza di un pagina web e la sua posizione gerarchica nei risultati del motore di ricerca. PageRank è abbastanza intuitivo da comprendere come si mostra nei paragrafi successivi, ma una economia politica di tale apparato è ancora a venire.
Se la dimensione biopolitica di Google è ampiamente dibattuta (e spesso articolata in un gergo post-strutturalista), mancante è una analisi bioeconomica che spieghi come Google estrae valore dalle nostre vite e trasforma l’intelletto comune in valore di rete e ricchezza. Genuine preoccupazioni a parte, assistiamo ad un abuso del paradigma foucaultiano che illumina solo un lato del problema, poichè il potere di Google non si da come esistenza metafisica ma è originato dalla sua piattaforma tecnologica e da un modello di business invero materiale. Come afferma Paolo Virno, la biopolitica va compresa partendo dalla potenzialità de nostri corpi viventi e dalla forza lavoro: le strutture biopolitiche discendono conseguentemente come apparati di cattura di questa potenzialità.4 La metafora del Panopticon deve essere rovesciata: Google non è semplicemente un apparato di sorveglianza-dati dall’alto ma un apparato di cattura del valore dal basso. Nello specifico, Google produce e accumula valore attraverso l’algoritmo PageRank che gestisce il sapere comune e lo converte in un proprio sistema di valore — questo è il centro della questione. L’economia politica di Google parte dalla economia politica dell’algoritmo PageRank.
La prima descrizione di tale algoritmo e calcio d’inizio dell’avventura imprenditoriale di Sergey Brin e Lawrence Page è rappresentata dal loro saggio “The Anatomy of a Large-Scale Hypertextual Web Search Engine” del 1998.5 PageRank introduce una rottura rivoluzionaria nelle tecnologie di Information Retrieval e nel panorama dei motori di ricerca dei tardi anni ’90: l’apparentemente piatto oceano di dati rappresenato da Internet viene per la prima volta plasmato da Google in gerarchie dinamiche secondo la visibilità e l’importanza di ciascuno sito web. Il ranking di una pagina web è abbastanza intuitivo da comprendere: questo valore è determinato dal numero e qualità dei link entranti. In particolare, un link proveniente da un nodo con un rank superiore ha più valore di un link proveniente da un nodo con un rank inferiore. (....)

[published at Konrad Becker, Felix Stalder (eds), Deep Search, London: Transaction Publishers: 2009]

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Picblog: Google Data center in Council Bluffs, Iowa


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