mercoledì 20 febbraio 2013

Emanuele Severino: Nella nobile rinuncia di Benedetto il grande turbamento della fede @ Il Corriere della Sera, 19 febbraio 2013


Emanuele Severino: 
Nella nobile rinuncia di Benedetto il grande turbamento della fede 
@ Il Corriere della Sera, 19 febbraio 2013
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Nel nobile modo in cui il 10 febbraio Benedetto XVI ha espresso la sua rinuncia è indicato esplicitamente il problema centrale del cristianesimo: si trova «nel mondo del nostro tempo, soggetto a rapide mutazioni e turbato da questioni di gran peso per la vita della fede» («In mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato»). Rispetto a questo problema, che un Pontefice dichiari di non avere più le forze per affrontarlo è un tema che, nonostante la sua rilevanza e pertinenza, passa in secondo piano. Nel testo, la parola pondus («peso») compare tre volte: come peso delle questioni riguardanti la vita della fede, come peso del gesto di rinuncia e come peso del ministerium che viene lasciato per il venir meno delle forze. Ma solo il primo peso vien detto «grande»: la vita della fede è oggi gravata da «questioni di gran peso» ed è essa stessa turbata dal turbamento del mondo. Il mondo cristiano, tanto meno un Pontefice, possono riconoscere che il turbamento della fede è ben più profondo di quello visibile, dovuto alla corruzione all'interno della Chiesa.

Il turbamento del mondo, tuttavia, riguarda non solo la fede religiosa, ma anche quelle altre forme di fede ancora dominanti (e che non amano sentirsi dire che sono a loro volta «fedi»). Mi riferisco soprattutto al capitalismo, alla democrazia, al capitalismo-comunismo cinese o, in Iran, alla mescolanza di teocrazia e capitalismo; e il comunismo sovietico, come il nazismo, erano tra le più rilevanti di queste forze. Ognuna delle quali avverte la necessità di eliminare le proprie degenerazioni, ma si rifiuta di ammettere l'inevitabilità del proprio tramonto. Non è una metafora né un'iperbole fuori luogo affermare che ognuna di esse si sente un dio che deve distruggere gli infedeli. Ma, come la fede religiosa, anche la vita di queste altre forze è gravata da «questioni di gran peso» - da questioni che fanno intravvedere l'inevitabilità di tale tramonto.
Certo, un Pontefice deve credere che il cristianesimo durerà fino alla fine del mondoMa la gran questione è se quelle forze - dunque anche il cristianesimo - si rendano conto del loro vero avversario, che le scuote e le travolge. Il «relativismo» è stato l'avversario di Benedetto XVI. Lo sforzo di combatterlo ha avuto un carattere soprattutto pastorale. Il semplicismo concettuale e l'ingenuità del relativismo ne favoriscono infatti la diffusione presso le masse, e tale diffusione è tutt'altro che irrilevante per la vita della fede. Giovanni Paolo II si avvicinava maggiormente all'avversario autentico quando individuava negli inizi della filosofia moderna (Cartesio) la matrice di tutti i grandi «mali» del secolo XX, quali le dittature del comunismo e del nazionalsocialismo, o l'egoismo dell'economia capitalistica. In questa prospettiva, lo stesso relativismo può essere inteso come un parto di quella matrice.
Ma tutte queste interpretazioni non riescono ancora a guardare in faccia l'avversario autentico. Anche su queste colonne ho invitato le varie forme di fede ad alzare lo sguardo affinché, se vogliono vivere un po' più a lungo, non accada loro di combattere i nani, quando invece il gigante pesa già su di esse e toglie loro il respiro. Il gigante che possiamo chiamare «Prometeo». Anche qui, è ovvio, mi limiterò ad alcuni cenni; doppiamente insufficienti perché a chi sta per morire, e non vuole, è estremamente difficile far alzare lo sguardo sulla propria morte.
All'inizio dei tempi è invece un altro gigante a togliere all'uomo il respiro, impedendogli di vivere. L'uomo può incominciare a vivere solo se vuole trasformare se stesso e il mondo da cui è circondato. Se non fa questo non può nemmeno compiere quella trasformazione di sé che è il respirare in senso letterale. E muore. Vive solo se si fa largo nella Barriera che gli impedisce di trasformare sé e il mondo. La Barriera è l'Ordine immutabile della natura. Solo se la penetra, la sfonda, la squarta, e comunque la fa arretrare, può liberarsi un poco alla volta dal suo peso e ottenere ciò che egli vuole. La Barriera è l'altro gigante: il tremendum (per servirci, ma per altri scopi, dell'espressione di Rudolf Otto). Ma è anche il fascinans (ancora Otto), perché l'uomo può incominciare a vivere solo se domina le parti della Barriera frantumata, e se ne ciba - così come Adamo, cibandosi del frutto proibito, frantumando cioè l'icona stessa del divino, può diventare Dio («Eritis sicut dii», «sarete come dei», dice il serpente). E infatti il tremendum-fascinans è il tratto essenziale del sacro, del divino, del Dio.
La Barriera divina vive inviolata solo se uccide l'uomo;l'uomo vive soltanto se uccide Dio. Il fuoco è il simbolo essenziale della potenza divina; e Prometeo ruba il fuoco - uccide l'inviolabilità degli dei - per darlo all'uomo. Prometeo è l'uomo. Soprattutto da due secoli egli è l'avversario della tradizione. Mostra infatti che il divino merita di tramontare e che su questo meritarlo si fonda tutto ciò che più salta agli occhi, ossia l'allontanamento della modernità e soprattutto del nostro tempo dai valori della tradizione e dunque dalla «vita della fede» (in questo contesto, la corruzione della Chiesa è più grave di tutte le forme passate del suo degrado). Se Dio esistesse, non potrebbe esistere l'uomo, ossia ciò la cui esistenza è considerata innegabile anche da chi si è alleato con Dio. Giacché, dopo l'inizio dell'uomo, la Barriera si è ritirata, ha lasciato spazio al mondo, Dio è diventato trascendente, e l'uomo della tradizione lo ha trovato meno tremendum e più fascinans, e gli si è alleato, diventando uomo di fede, non solo cristiana ma anche quella degli dei - delle barriere - in cui consistono le forze (sopra menzionate) via via dominanti nel mondo. Prometeo, ora, ruba il fuoco dell'alleanza dell'uomo con Dio. È la potenza di questo furto a nascondersi, per lo più inesplorata, sotto le «rapide mutazioni» del nostro tempo, «turbato da questioni di gran peso per la vita della fede».

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